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sabato 31 marzo 2018
venerdì 30 marzo 2018
giovedì 29 marzo 2018
martedì 27 marzo 2018
Berlusconi: «Salvini premier. Lui e M5S da soli? Un ircocervo»
http://www.corriere.it/elezioni-2018/notizie/berlusconi-tocchera-salvini-provarci-lui-m5s-soli-ircocervo-forza-italia-f0488a8a-306a-11e8-95a5-089b7e9581a1.shtml

Silvio Berlusconi, l’elezione dei presidenti del Parlamento è stata una sconfitta o un successo? Avete eletto un vostro esponente ma subito un veto di Di Maio.
«È stata un successo, per il Paese, per il centrodestra, per Forza Italia. Per il Paese perché, dopo elezioni laceranti che hanno creato uno scenario parlamentare e politico molto complesso e confuso, si è riusciti a mettere in sicurezza le massime cariche istituzionali con una larghissima convergenza parlamentare, ed anche ad eleggere per la prima volta nella storia una donna alla seconda carica dello Stato. Per il centrodestra perché ha dimostrato di saper ragionare da coalizione, coerentemente con il mandato degli elettori. Per Forza Italia per ovvie ragioni. Osservo che oggi, delle tre assemblee parlamentari che riguardano l’Italia — Camera, Senato e Parlamento europeo — due sono guidate da esponenti di Forza Italia che sono con me dal 1994, eletti con una larghissima convergenza. Dedico questa riflessione a chi ci dipinge come una forza politica debole o in difficoltà».
Sembra scricchiolare l’unità del centrodestra. Nel giro di 12 ore l’alleanza si è rotta e ricomposta, cosa è successo?
«È successo che tutti — io per primo — abbiamo sentito la necessità di tutelare un grande valore, l’unità del centro-destra, che ne fa la prima forza politica del Paese. È un impegno preso verso gli elettori. Del resto, ci siamo presentati con un programma comune che siamo tenuti reciprocamente a rispettare. Sarebbe incomprensibile se rompessimo un’alleanza per una questione non ricompresa nel patto elettorale».
L’indicazione della Casellati e il sacrificio della candidatura di Romani è avvenuta contro il parere dei suoi consiglieri storici.
«È una ricostruzione decisamente inesatta. Per tutelare l’unità della coalizione tutti devono essere pronti a fare dei sacrifici. Ma in questo caso nessun sacrificio personale, solo la riflessione comune sulla scelta più adeguata, anche per consenso parlamentare. Ho assunto questa decisione dopo una discussione approfondita con i miei consiglieri che ci ha portato a compiere tutti insieme la scelta. Questo è il metodo che uso sempre con le persone che mi sono più vicine. In coloro che mi sono accanto ho piena fiducia, ne conosco il valore, ascolto volentieri i loro consigli. Poi, naturalmente, tocca al leader prendere le decisioni definitive».
L’elezione dei presidenti delle due Camere può essere un viatico per la formazione del governo?
«Non prefigura nulla per quanto riguarda il governo ma certamente contribuisce a rasserenare l’atmosfera. Basta pensare al clima di crisi politica e istituzionale al quale si sarebbe arrivati se alla Camera si fosse determinata una situazione di stallo».
La Casellati dice che il metodo scelto potrebbe essere ripetuto per la formazione dell’esecutivo.
«Ha ragione nel senso che bisogna raccogliere una maggioranza parlamentare intorno a un programma e a un premier in grado di realizzarlo, senza pregiudizi di schieramento. Il centrodestra ha il diritto di guidarla come prima coalizione politica del Paese, ma ovviamente non dispone di una maggioranza parlamentare autosufficiente. Io rimango fedele ai patti: ho detto in campagna elettorale che la forza politica del centrodestra che avrebbe ottenuto più voti avrebbe avuto il diritto di indicare il premier: Salvini ha il diritto e il dovere di provare a formare un governo, per attuare i programmi che abbiamo proposto agli italiani. I cittadini attendono risposte sul lavoro, sulle tasse, sulle soglie di povertà, sull’emergenza criminalità. La classe dirigente deve dimostrare di aver capito la lezione».
Salvini punta alla riedizione del partito unico del centrodestra?
«Il partito unico non è nei nostri progetti, e neppure — che io sappia — in quelli di Salvini. Matteo è un leader pragmatico e intelligente: sa benissimo che il centrodestra non vince senza una forte componente moderata. Un partito unico escluderebbe necessariamente almeno una parte degli elettori che ci hanno votato perché alleati leali, ma distinti. Voglio essere più chiaro: il nostro futuro si chiama Forza Italia. Nei prossimi mesi ed anni, proprio per la confusa situazione politica che si è determinata, vi sarà ancora più bisogno di una forza tranquilla, responsabile, coerente, in grado di influenzare gli indirizzi politici e di governo del Paese. Attueremo una profonda riorganizzazione del nostro movimento politico, e una nostra più capillare presenza sui territori, valorizzando i nostri amministratori, i nostri dirigenti migliori e più fedeli».
Si fida di Salvini?
«Non ho mai avuto motivo di non fidarmi. Mi ha sempre lealmente detto quello che intendeva fare. Quando non l’ho condiviso ne abbiamo discusso e abbiamo trovato insieme la soluzione migliore».
La Lega ha più a cuore l’ansia di governare o l’unità del centrodestra?
«La Lega sa che la possibilità di governare dipende proprio dall’unità del centrodestra. Se la coalizione si rompesse, oltre ad essere tradito il mandato degli elettori, nessuno di noi avrebbe più titolo per rivendicare la guida del governo».
Una figura terza può risolvere il rebus del governo?
«Solo come extrema ratio. Sinceramente preferisco un governo guidato da chi ha vinto le elezioni. E con questo intendo il centrodestra, se unito. I Cinque Stelle hanno ottenuto un buon risultato, ma sono arrivati secondi».
Salvini e Di Maio possono governare insieme, da soli?
«Sarebbe un ircocervo, l’animale mitologico spesso citato dai filosofi antichi come esempio di assurdità, perché in esso convivono caratteri opposti e inconciliabili. E poi perché Salvini dovrebbe fare il socio di minoranza di un governo Cinque Stelle? Non credo che l’elettorato di centrodestra lo perdonerebbe. Ma si tratta di ipotesi del tutto teoriche, con il leader della Lega e con Giorgia Meloni abbiamo accordi chiarissimi: è il centrodestra unito che lavorerà per una soluzione della crisi e per assicurare un buon governo all’Italia».
L’ex premier: «L’accordo sulle Camere non prefigura nulla per l’esecutivo. «Per tutelare l’unità della coalizione, tutti devono essere pronti a fare dei sacrifici. Ma in questo caso nessun sacrificio personale»

Silvio Berlusconi, l’elezione dei presidenti del Parlamento è stata una sconfitta o un successo? Avete eletto un vostro esponente ma subito un veto di Di Maio.
«È stata un successo, per il Paese, per il centrodestra, per Forza Italia. Per il Paese perché, dopo elezioni laceranti che hanno creato uno scenario parlamentare e politico molto complesso e confuso, si è riusciti a mettere in sicurezza le massime cariche istituzionali con una larghissima convergenza parlamentare, ed anche ad eleggere per la prima volta nella storia una donna alla seconda carica dello Stato. Per il centrodestra perché ha dimostrato di saper ragionare da coalizione, coerentemente con il mandato degli elettori. Per Forza Italia per ovvie ragioni. Osservo che oggi, delle tre assemblee parlamentari che riguardano l’Italia — Camera, Senato e Parlamento europeo — due sono guidate da esponenti di Forza Italia che sono con me dal 1994, eletti con una larghissima convergenza. Dedico questa riflessione a chi ci dipinge come una forza politica debole o in difficoltà».
Sembra scricchiolare l’unità del centrodestra. Nel giro di 12 ore l’alleanza si è rotta e ricomposta, cosa è successo?
«È successo che tutti — io per primo — abbiamo sentito la necessità di tutelare un grande valore, l’unità del centro-destra, che ne fa la prima forza politica del Paese. È un impegno preso verso gli elettori. Del resto, ci siamo presentati con un programma comune che siamo tenuti reciprocamente a rispettare. Sarebbe incomprensibile se rompessimo un’alleanza per una questione non ricompresa nel patto elettorale».
L’indicazione della Casellati e il sacrificio della candidatura di Romani è avvenuta contro il parere dei suoi consiglieri storici.
«È una ricostruzione decisamente inesatta. Per tutelare l’unità della coalizione tutti devono essere pronti a fare dei sacrifici. Ma in questo caso nessun sacrificio personale, solo la riflessione comune sulla scelta più adeguata, anche per consenso parlamentare. Ho assunto questa decisione dopo una discussione approfondita con i miei consiglieri che ci ha portato a compiere tutti insieme la scelta. Questo è il metodo che uso sempre con le persone che mi sono più vicine. In coloro che mi sono accanto ho piena fiducia, ne conosco il valore, ascolto volentieri i loro consigli. Poi, naturalmente, tocca al leader prendere le decisioni definitive».
L’elezione dei presidenti delle due Camere può essere un viatico per la formazione del governo?
«Non prefigura nulla per quanto riguarda il governo ma certamente contribuisce a rasserenare l’atmosfera. Basta pensare al clima di crisi politica e istituzionale al quale si sarebbe arrivati se alla Camera si fosse determinata una situazione di stallo».
La Casellati dice che il metodo scelto potrebbe essere ripetuto per la formazione dell’esecutivo.
«Ha ragione nel senso che bisogna raccogliere una maggioranza parlamentare intorno a un programma e a un premier in grado di realizzarlo, senza pregiudizi di schieramento. Il centrodestra ha il diritto di guidarla come prima coalizione politica del Paese, ma ovviamente non dispone di una maggioranza parlamentare autosufficiente. Io rimango fedele ai patti: ho detto in campagna elettorale che la forza politica del centrodestra che avrebbe ottenuto più voti avrebbe avuto il diritto di indicare il premier: Salvini ha il diritto e il dovere di provare a formare un governo, per attuare i programmi che abbiamo proposto agli italiani. I cittadini attendono risposte sul lavoro, sulle tasse, sulle soglie di povertà, sull’emergenza criminalità. La classe dirigente deve dimostrare di aver capito la lezione».
Salvini punta alla riedizione del partito unico del centrodestra?
«Il partito unico non è nei nostri progetti, e neppure — che io sappia — in quelli di Salvini. Matteo è un leader pragmatico e intelligente: sa benissimo che il centrodestra non vince senza una forte componente moderata. Un partito unico escluderebbe necessariamente almeno una parte degli elettori che ci hanno votato perché alleati leali, ma distinti. Voglio essere più chiaro: il nostro futuro si chiama Forza Italia. Nei prossimi mesi ed anni, proprio per la confusa situazione politica che si è determinata, vi sarà ancora più bisogno di una forza tranquilla, responsabile, coerente, in grado di influenzare gli indirizzi politici e di governo del Paese. Attueremo una profonda riorganizzazione del nostro movimento politico, e una nostra più capillare presenza sui territori, valorizzando i nostri amministratori, i nostri dirigenti migliori e più fedeli».
Si fida di Salvini?
«Non ho mai avuto motivo di non fidarmi. Mi ha sempre lealmente detto quello che intendeva fare. Quando non l’ho condiviso ne abbiamo discusso e abbiamo trovato insieme la soluzione migliore».
La Lega ha più a cuore l’ansia di governare o l’unità del centrodestra?
«La Lega sa che la possibilità di governare dipende proprio dall’unità del centrodestra. Se la coalizione si rompesse, oltre ad essere tradito il mandato degli elettori, nessuno di noi avrebbe più titolo per rivendicare la guida del governo».
Una figura terza può risolvere il rebus del governo?
«Solo come extrema ratio. Sinceramente preferisco un governo guidato da chi ha vinto le elezioni. E con questo intendo il centrodestra, se unito. I Cinque Stelle hanno ottenuto un buon risultato, ma sono arrivati secondi».
Salvini e Di Maio possono governare insieme, da soli?
«Sarebbe un ircocervo, l’animale mitologico spesso citato dai filosofi antichi come esempio di assurdità, perché in esso convivono caratteri opposti e inconciliabili. E poi perché Salvini dovrebbe fare il socio di minoranza di un governo Cinque Stelle? Non credo che l’elettorato di centrodestra lo perdonerebbe. Ma si tratta di ipotesi del tutto teoriche, con il leader della Lega e con Giorgia Meloni abbiamo accordi chiarissimi: è il centrodestra unito che lavorerà per una soluzione della crisi e per assicurare un buon governo all’Italia».
Ruby ter: Berlusconi ancora rinviato a giudizio
http://tg.la7.it/cronaca/ruby-ter-berlusconi-ancora-rinviato-a-giudizio-26-03-2018-125937
Sarà processato a Milano con 4 'olgettine' nel filone sul caso corruzione atti giudiziari
Sarà processato a Milano con 4 'olgettine' nel filone sul caso corruzione atti giudiziari
Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio, ancora una volta, a Milano, per il caso Ruby ter. Lo ha deciso il gup Maria Vicidomini che ha mandato a processo anche 4 'olgettine' nel filone con al centro i versamenti più recenti dell'ex premier alle giovani e i reati di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza.
Il processo inizierà il prossimo 9 maggio. Il leader di FI è già processo a Milano con altri 23 imputati nel filone principale della vicenda.
domenica 25 marzo 2018
sabato 24 marzo 2018
mercoledì 21 marzo 2018
martedì 20 marzo 2018
Quantitative Easing
http://www.wallstreetitalia.com/trend/quantitative-easing/
Per Quantitative Easing, più semplicemente QE, si intende il metodo grazie al quale una banca centrale crea moneta e la inietta nel sistema economico finanziario attraverso operazioni di mercato aperto.
In italiano detto sistema è anche conosciuto come alleggerimento o allentamento quantitativo o, ancora, come facilitazione quantitativa.
Nel caso in cui si decida di ricorrere al quantitative easing, accade che la banca centrale di un qualsiasi Paese acquista, sulla base di una predeterminata e annunciata quantità di denaro, azioni o titoli e altre attività finanziarie in genere da altre banche del sistema, detto acquisto ha un immediato effetto positivo sul bilancio delle banche che beneficiano di questo tipo di investimento.
Fondamentalmente, con questo tipo di operazione, avviene che ci sia più liquidità all’interno del sistema economico nel quale si ricorre al QE, oltre che beneficiarne le banche, ne beneficia in maniera indiretta l’intera economia.
È un sistema da inquadrare in una politica monetaria di tipo espansiva, per molti economisti è addirittura da considerare ultra-espansiva, si tratta comunque di un metodo conosciuto e applicato, con diverse modalità, in più parti del mondo, come Giappone, USA ed Europa, dove recentemente è una questione all’ordine del giorno.
Novità e informazioni utili sul quantitative easing dalla BCE dell’Unione Europea e non solo, cosa accade negli altri Paesi, tutto quello che devi sapere.
Per Quantitative Easing, più semplicemente QE, si intende il metodo grazie al quale una banca centrale crea moneta e la inietta nel sistema economico finanziario attraverso operazioni di mercato aperto.
In italiano detto sistema è anche conosciuto come alleggerimento o allentamento quantitativo o, ancora, come facilitazione quantitativa.
Nel caso in cui si decida di ricorrere al quantitative easing, accade che la banca centrale di un qualsiasi Paese acquista, sulla base di una predeterminata e annunciata quantità di denaro, azioni o titoli e altre attività finanziarie in genere da altre banche del sistema, detto acquisto ha un immediato effetto positivo sul bilancio delle banche che beneficiano di questo tipo di investimento.
Fondamentalmente, con questo tipo di operazione, avviene che ci sia più liquidità all’interno del sistema economico nel quale si ricorre al QE, oltre che beneficiarne le banche, ne beneficia in maniera indiretta l’intera economia.
È un sistema da inquadrare in una politica monetaria di tipo espansiva, per molti economisti è addirittura da considerare ultra-espansiva, si tratta comunque di un metodo conosciuto e applicato, con diverse modalità, in più parti del mondo, come Giappone, USA ed Europa, dove recentemente è una questione all’ordine del giorno.
Novità e informazioni utili sul quantitative easing dalla BCE dell’Unione Europea e non solo, cosa accade negli altri Paesi, tutto quello che devi sapere.
Europa, tempo due anni e scoppierà tempesta perfetta
http://www.wallstreetitalia.com/europa-tempo-due-anni-e-scoppiera-tempesta-perfetta/
NEW YORK (WSI) – Tempo due anni, nel 2020, e in Europa si realizzerà latempesta perfetta. Tanti i fattori in gioco: Jens Weidmann che porrà fine al quantitative easing, la riforma di Macron che non risolverà nessuno dei problemi strutturali della regione, l’Italia sempre più euroscettica e infine la guerra commerciale di Trump. Ma andiamo per ordine.
È sempre più evidente che alla fine del 2019 Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank, sostituirà Mario Draghi al timone della Banca centrale europea. Il cambiamento in termini di politiche economiche sarà radicale. Il falco Weidmann crede in una moneta forte e in una bassa inflazione e più volte ha espresso la sua opposizione a tutto ciò che Mario Draghi ha rappresentato negli ultimi anni manifestando la sua volontà di fermare il programma di Quantitative easing e di sostituirlo con tassi di interesse più elevati. Cosa succede quando i tassi di interesse aumentano? Se salgono troppo in fretta, i mercati crollano.
Poi c’è Emmanuel Macron. La stampa finanziaria ridicolizza il Presidente americano Donald Trump e considera il suo omologo francese una manna dal cielo. Eppure, se si considerano le loro politiche precedenti, si trovano similitudini ma a livello di risultati no. Poi c’è l’imminente guerra commercialedi Donald Trump.
E infine le elezioni italiane. L’Italia è ufficialmente un paese euroscettico. Le parti principali impegnate nel progetto di integrazione europea sono state sconfitte ed è difficile prevedere se il paese avrà un governo. Il Movimento 5 stelle ha ottenuto il maggior numero di seggi, mentre il Partito Democratico sta implodendo: la base vuole sostenere un governo M5S perché “è qui che sono andati i nostri elettori”, ma la probabile leadership futura sotto l’ex ministro dello Sviluppo Carlo Calenda non ha alcuna intenzione di farlo. La Lega ha la coalizione più forte, ma non ha i numeri.
Mario Draghi sarà eventualmente disponibile per la carica di primo ministro di un governo presumibilmente tecnico solo nel 2019 e il M5S potrebbe finire per aiutarlo, ma sostenere un esecutivo tecnocratico sarebbe la fine del movimento di protesta. L’altra faccia della medaglia è che una volta che Draghi non sarà più a capo della BCE, e non si potranno mantenere bassi i tassi di interesse a vantaggio dell’Italia, le argomentazioni a favore di un’Italia che rimanga nell’area dell’euro si esauriranno.
Ricevi aggiornamenti su Eurozona Lasciaci la tua e-mail
NEW YORK (WSI) – Tempo due anni, nel 2020, e in Europa si realizzerà latempesta perfetta. Tanti i fattori in gioco: Jens Weidmann che porrà fine al quantitative easing, la riforma di Macron che non risolverà nessuno dei problemi strutturali della regione, l’Italia sempre più euroscettica e infine la guerra commerciale di Trump. Ma andiamo per ordine.
È sempre più evidente che alla fine del 2019 Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank, sostituirà Mario Draghi al timone della Banca centrale europea. Il cambiamento in termini di politiche economiche sarà radicale. Il falco Weidmann crede in una moneta forte e in una bassa inflazione e più volte ha espresso la sua opposizione a tutto ciò che Mario Draghi ha rappresentato negli ultimi anni manifestando la sua volontà di fermare il programma di Quantitative easing e di sostituirlo con tassi di interesse più elevati. Cosa succede quando i tassi di interesse aumentano? Se salgono troppo in fretta, i mercati crollano.
Poi c’è Emmanuel Macron. La stampa finanziaria ridicolizza il Presidente americano Donald Trump e considera il suo omologo francese una manna dal cielo. Eppure, se si considerano le loro politiche precedenti, si trovano similitudini ma a livello di risultati no. Poi c’è l’imminente guerra commercialedi Donald Trump.
E infine le elezioni italiane. L’Italia è ufficialmente un paese euroscettico. Le parti principali impegnate nel progetto di integrazione europea sono state sconfitte ed è difficile prevedere se il paese avrà un governo. Il Movimento 5 stelle ha ottenuto il maggior numero di seggi, mentre il Partito Democratico sta implodendo: la base vuole sostenere un governo M5S perché “è qui che sono andati i nostri elettori”, ma la probabile leadership futura sotto l’ex ministro dello Sviluppo Carlo Calenda non ha alcuna intenzione di farlo. La Lega ha la coalizione più forte, ma non ha i numeri.
Mario Draghi sarà eventualmente disponibile per la carica di primo ministro di un governo presumibilmente tecnico solo nel 2019 e il M5S potrebbe finire per aiutarlo, ma sostenere un esecutivo tecnocratico sarebbe la fine del movimento di protesta. L’altra faccia della medaglia è che una volta che Draghi non sarà più a capo della BCE, e non si potranno mantenere bassi i tassi di interesse a vantaggio dell’Italia, le argomentazioni a favore di un’Italia che rimanga nell’area dell’euro si esauriranno.
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Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/notizie/macron-il-voto-italia-ha-scosso-ue-paghiamo-migranti-crisi-economica-3e886096-293e-11e8-b8d8-0332a0f60590.shtml

ROMA — La prima visita ufficiale di Angela Merkel a Parigi, dopo i mesi di trattativa e il ritorno da cancelliera, finisce con un comunicato congiunto con Emmanuel Macron che esprime tutta la preoccupazione per le sorti dell’Europa. Nota che cita espressamente l’Italia e il risultato delle elezioni: «Il lavoro che ci aspetta è importante in un contesto europeo profondamente scosso da Brexit e dalle elezioni italiane che hanno visto crescere gli estremisti e che ci hanno permesso di toccare con mano le conseguenze di una lunga crisi economica e le sfide migratorie a cui non abbiamo saputo rispondere». In questo quadro, spiegano, ci sarà una «tabella di marcia chiara e ambiziosa entro giugno» per ricostruire l’Unione Europea.
Macron e Merkel sono preoccupati che la marea montante del populismo antieuropeo, che ha toccato la Gran Bretagna e alcuni Paesi del Nord Europa, possa investire anche l’Italia. Perché è vero che nelle ultime settimane i 5 Stelle hanno cambiato toni, mandando in soffitta il progetto di un referendum per uscire dall’euro, ma le critiche rimangono e si aggiungono alla posizione dura nei confronti dell’Europa della Lega. Un’alleanza tra i due movimenti di certo non rassicurerebbe le diplomazie.
Intanto è muro contro muro tra Lega e Forza Italia per le presidenze delle Camere. Dopo il primo confronto con i 5 Stelle, che rivendicano la guida di Montecitorio, è partita una girandola di telefonate interne al centrodestra per provare a risolvere la matassa di veti e controveti. Uno stallo che vede la Lega insistere per avere il Senato e Forza Italia rivendicare un presidente. Con i 5 Stelle inquieti. Tanto che Luigi Di Maio scrive: «Il dialogo per proporre i presidenti delle Camere non è semplice. La scelta delle persone che ricopriranno questi incarichi è cruciale. Parliamo degli arbitri che dovranno dirigere l’approvazione di buone leggi».
Una partita delicata, sulla quale si giocano gli equilibri del centrodestra. La Lega non può permettersi di rompere con gli alleati, a meno che non abbia deciso di togliere gli ormeggi e navigare verso un governo a due con i 5 Stelle. Ma nello stesso tempo vuole Palazzo Madama per avere in mano le leve del potere e bloccare qualunque ipotesi di esecutivo sgradito. Forza Italia, per ora, non sembra rinunciare al suo candidato, Paolo Romani. Salvini prova a rassicurare: «C’è totale sintonia con Forza Italia». Ma Renato Brunetta lo gela: «Salvini è il leader della Lega, non del centrodestra». E in questo scenario scoppia il caso Friuli-Venezia Giulia. Saltata la candidatura a governatore dell’ex sindaco forzista di Grado Roberto Marin, si fa avanti il leghista Massimiliano Fedriga. Subito incalzato da una successiva candidatura, quella di Renzo Tondo, Forza Italia. A seguire, l’irritazione di Fratelli d’Italia che smentisce FI.
Macron e Merkel: «Il voto in Italia ha scosso l’Ue, paghiamo immigrazione e crisi economica»
Asse Francia-Germania: i due leader parlano di «contesto europeo scosso dalla vittoria degli estremisti» nel nostro paese, e lanciano la Road Map per rifondare l’Ue

ROMA — La prima visita ufficiale di Angela Merkel a Parigi, dopo i mesi di trattativa e il ritorno da cancelliera, finisce con un comunicato congiunto con Emmanuel Macron che esprime tutta la preoccupazione per le sorti dell’Europa. Nota che cita espressamente l’Italia e il risultato delle elezioni: «Il lavoro che ci aspetta è importante in un contesto europeo profondamente scosso da Brexit e dalle elezioni italiane che hanno visto crescere gli estremisti e che ci hanno permesso di toccare con mano le conseguenze di una lunga crisi economica e le sfide migratorie a cui non abbiamo saputo rispondere». In questo quadro, spiegano, ci sarà una «tabella di marcia chiara e ambiziosa entro giugno» per ricostruire l’Unione Europea.
Macron e Merkel sono preoccupati che la marea montante del populismo antieuropeo, che ha toccato la Gran Bretagna e alcuni Paesi del Nord Europa, possa investire anche l’Italia. Perché è vero che nelle ultime settimane i 5 Stelle hanno cambiato toni, mandando in soffitta il progetto di un referendum per uscire dall’euro, ma le critiche rimangono e si aggiungono alla posizione dura nei confronti dell’Europa della Lega. Un’alleanza tra i due movimenti di certo non rassicurerebbe le diplomazie.
Intanto è muro contro muro tra Lega e Forza Italia per le presidenze delle Camere. Dopo il primo confronto con i 5 Stelle, che rivendicano la guida di Montecitorio, è partita una girandola di telefonate interne al centrodestra per provare a risolvere la matassa di veti e controveti. Uno stallo che vede la Lega insistere per avere il Senato e Forza Italia rivendicare un presidente. Con i 5 Stelle inquieti. Tanto che Luigi Di Maio scrive: «Il dialogo per proporre i presidenti delle Camere non è semplice. La scelta delle persone che ricopriranno questi incarichi è cruciale. Parliamo degli arbitri che dovranno dirigere l’approvazione di buone leggi».
Una partita delicata, sulla quale si giocano gli equilibri del centrodestra. La Lega non può permettersi di rompere con gli alleati, a meno che non abbia deciso di togliere gli ormeggi e navigare verso un governo a due con i 5 Stelle. Ma nello stesso tempo vuole Palazzo Madama per avere in mano le leve del potere e bloccare qualunque ipotesi di esecutivo sgradito. Forza Italia, per ora, non sembra rinunciare al suo candidato, Paolo Romani. Salvini prova a rassicurare: «C’è totale sintonia con Forza Italia». Ma Renato Brunetta lo gela: «Salvini è il leader della Lega, non del centrodestra». E in questo scenario scoppia il caso Friuli-Venezia Giulia. Saltata la candidatura a governatore dell’ex sindaco forzista di Grado Roberto Marin, si fa avanti il leghista Massimiliano Fedriga. Subito incalzato da una successiva candidatura, quella di Renzo Tondo, Forza Italia. A seguire, l’irritazione di Fratelli d’Italia che smentisce FI.
Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/vittoria-lega-nuovi-rapporti-forza.shtml
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
La vittoria della Lega e i nuovi rapporti di forza
Oggi e domani — 10 e 11 marzo — a Lille il Front National tiene il suo 33esimo congresso durante il quale Marine Le Pen proverà a sfruttare a suo vantaggio la vittoria della Lega, suo alleato al Parlamento europeo. Nell’asse con Salvini, finora, la parte debole è a lungo stata quella italiana con il Carroccio forte solo al Nord senza riuscire a imporsi come forza a livello nazionale. Nel tempo Salvini ha più volte ribadito di essersi ispirato a Marine Le Pen per dare alla Lega una dimensione sovranista e anti-Bruxelles più che federalista e ostile a Roma. Ora toccherà alla Le Pen trarre nuovo ossigeno dal successo dell’alleato, che ha fatto ridiventare vincenti in Italia i cavalli di battaglia lepenisti che in Francia sembravano definitivamente sorpassati dallo slancio europeista di Macron.
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
La vittoria della Lega e i nuovi rapporti di forza
Oggi e domani — 10 e 11 marzo — a Lille il Front National tiene il suo 33esimo congresso durante il quale Marine Le Pen proverà a sfruttare a suo vantaggio la vittoria della Lega, suo alleato al Parlamento europeo. Nell’asse con Salvini, finora, la parte debole è a lungo stata quella italiana con il Carroccio forte solo al Nord senza riuscire a imporsi come forza a livello nazionale. Nel tempo Salvini ha più volte ribadito di essersi ispirato a Marine Le Pen per dare alla Lega una dimensione sovranista e anti-Bruxelles più che federalista e ostile a Roma. Ora toccherà alla Le Pen trarre nuovo ossigeno dal successo dell’alleato, che ha fatto ridiventare vincenti in Italia i cavalli di battaglia lepenisti che in Francia sembravano definitivamente sorpassati dallo slancio europeista di Macron.
Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/tweet-il-voto-4-marzo-l-analisi-voto.shtml
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
Il tweet dopo il voto del 4 marzo e l’analisi del voto
Dopo il successo delle elezioni di domenica scorsa, con la Lega al 18%, Marine Le Pen twitta entusiasta: «L’avanzata spettacolare e l’arrivo in testa alla coalizione della Lega guidata dal nostro alleato e amico Matteo Salvini è una nuova tappa del risveglio dei popoli!». Nei giorni seguenti, a Le Figaro, la leader del Front National ha analizzato il successo del partito guidato dall’amico Salvini: «Dopo l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica Ceca, la Svezia, la Danimarca o la Finlandia, al di là del risultato ottenuto, l’Italia ha votato in maggioranza euroscettica. Questo vuol dire che domani il nostro obiettivo di avere la maggioranza nel Parlamento europeo è perfettamente raggiungibile nel 2019. La Lega esprime un’opposizione estremamente decisa alle politiche condotte dall’Unione europea. Come la Francia, l’Italia è sommersa dall’immigrazione clandestina, indebolita e impoverita dalle politiche di rigore europee. Se vi si aggiungono le qualità e l’energia di Matteo Salvini, si ottiene un risultato spettacolare».

Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
Il tweet dopo il voto del 4 marzo e l’analisi del voto
Dopo il successo delle elezioni di domenica scorsa, con la Lega al 18%, Marine Le Pen twitta entusiasta: «L’avanzata spettacolare e l’arrivo in testa alla coalizione della Lega guidata dal nostro alleato e amico Matteo Salvini è una nuova tappa del risveglio dei popoli!». Nei giorni seguenti, a Le Figaro, la leader del Front National ha analizzato il successo del partito guidato dall’amico Salvini: «Dopo l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica Ceca, la Svezia, la Danimarca o la Finlandia, al di là del risultato ottenuto, l’Italia ha votato in maggioranza euroscettica. Questo vuol dire che domani il nostro obiettivo di avere la maggioranza nel Parlamento europeo è perfettamente raggiungibile nel 2019. La Lega esprime un’opposizione estremamente decisa alle politiche condotte dall’Unione europea. Come la Francia, l’Italia è sommersa dall’immigrazione clandestina, indebolita e impoverita dalle politiche di rigore europee. Se vi si aggiungono le qualità e l’energia di Matteo Salvini, si ottiene un risultato spettacolare».

Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/lotta-all-eurocrazia.shtml
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
La battaglia contro l’«eurocrazia»
Lungo l’alleanza tra la Lega e il Front National si organizzano quindi le destre europee, che in quel convegno voluto da Salvini presentano la loro idea sul futuro dell’Europa: lotta all’«eurocrazia» e alla moneta unica, ritorno alla sovranità e alla moneta nazionale all’interno di una confederazione di stati nazionali

Da sinistra Harald Vilimsky, Matteo Salvini, Geert Wilders, Marine Le Pen e Frauke Petry
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
La battaglia contro l’«eurocrazia»
Lungo l’alleanza tra la Lega e il Front National si organizzano quindi le destre europee, che in quel convegno voluto da Salvini presentano la loro idea sul futuro dell’Europa: lotta all’«eurocrazia» e alla moneta unica, ritorno alla sovranità e alla moneta nazionale all’interno di una confederazione di stati nazionali

Da sinistra Harald Vilimsky, Matteo Salvini, Geert Wilders, Marine Le Pen e Frauke Petry
Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/foto-gruppo-destre-europee.shtml
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
La foto di gruppo delle destre europee
In quell’occasione Salvini e Le Pen si abbracciano sul palco e poi si fanno raggiungere dai leader europei dei partiti di destra: il partito Alternativa per la Germania; il Vlaams Belang, storico alleato della Lega e principale forza del nazionalismo fiammingo; l’FPÖ, il Partito della Libertà austriaco; il Partito delle Libertà olandese; il Partito Romania Unita e il Nuovo Congresso della Destra Polacca.

Da sinistra Matteo Salvini; Harald Vilimsky del Partito della Libertà austriaco; Geert Wilders il Partito delle Libertà olandese; la leader del Front National Marine Le Pen e Frauke Petry, leader dell’Alternativa per la Germania
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
La foto di gruppo delle destre europee
In quell’occasione Salvini e Le Pen si abbracciano sul palco e poi si fanno raggiungere dai leader europei dei partiti di destra: il partito Alternativa per la Germania; il Vlaams Belang, storico alleato della Lega e principale forza del nazionalismo fiammingo; l’FPÖ, il Partito della Libertà austriaco; il Partito delle Libertà olandese; il Partito Romania Unita e il Nuovo Congresso della Destra Polacca.

Da sinistra Matteo Salvini; Harald Vilimsky del Partito della Libertà austriaco; Geert Wilders il Partito delle Libertà olandese; la leader del Front National Marine Le Pen e Frauke Petry, leader dell’Alternativa per la Germania
Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/chiamata-milano-destre-europee.shtml
l legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
Il gruppo in Europa e la chiamata a Milano
Nel 2015 Marine Le Pen annunciato la nascita del nuovo gruppo parlamentare Europa delle Nazioni e della Libertà, composto dal Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), dal polacco Congresso della Nuova Destra (KNP), dal belga Interesse Fiammingo (VB) e di Janice Atkinson fuoriuscita dall’UKIP oltre naturalemnte al Front National, Lega Nord e Partito per la Libertà. Il 28 gennaio 2016 a Milano si tiene il convegno dei partiti della destra europea chiamati a raccolta dalla Lega di Matteo Salvini: ospite d’onore della manifestazione «Più liberi, più forti, un’altra Europa è possibile» Marine Le Pen, reduce dal successo delle elezioni regionali francesi.

l legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
Il gruppo in Europa e la chiamata a Milano
Nel 2015 Marine Le Pen annunciato la nascita del nuovo gruppo parlamentare Europa delle Nazioni e della Libertà, composto dal Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), dal polacco Congresso della Nuova Destra (KNP), dal belga Interesse Fiammingo (VB) e di Janice Atkinson fuoriuscita dall’UKIP oltre naturalemnte al Front National, Lega Nord e Partito per la Libertà. Il 28 gennaio 2016 a Milano si tiene il convegno dei partiti della destra europea chiamati a raccolta dalla Lega di Matteo Salvini: ospite d’onore della manifestazione «Più liberi, più forti, un’altra Europa è possibile» Marine Le Pen, reduce dal successo delle elezioni regionali francesi.

Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/no-all-euro-lotta-all-immigrazione.shtml
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
Il no all’euro e la lotta all’immigrazione
Il legame tra i due si salda nel tempo sul no all’euro, la sovranità nazionale e la lotta all’immigrazione. Più volte Marine Le Pen rivendica pubblicamente l’alleanza con Salvini: «La Lega ha operato un cambiamento — dice nel 2015 —. Siamo in un’epoca in cui vanno definite le priorità. Quali? Essere più liberi, il ritorno della democrazia, toglierci dalle grinfie dell’Europa, la difesa dell’identità, il controllo se non la fine dell’immigrazione. Quindi abbiamo molti punti in comune con la Lega che sta diventando un grande partito e propone soluzioni radicalmente diverse rispetto a coloro che si sono succeduti alla guida dell’Italia e che hanno portato il vostro Paese in una situazione complicata». E sull’amico Matteo, in particolare, aggiunge: «È diventato velocemente uno dei personaggi politici italiani, lo merita. Perché è intelligente, misurato, diverso dalla caricatura che si cerca di fare di lui. Soprattutto è solido. È di questo che si ha bisogno: gente solida che sa dove vuole andare».

Matteo Salvini e Marine Le Pen, storia di un’alleanza contro l’Europa
http://www.corriere.it/elezioni-2018/cards/matteo-salvini-marine-pen-storia-loro-alleanza-contro-l-europa/front-national-l-invito-congresso-2014_principale.shtml?refresh_ce-cp
Il legame tra la presidente del Front National e il segretario della Lega, il ruolo dei partiti di destra a Bruxelles e i nuovi rapporti di forza dopo il successo del Carroccio alle Politiche
Il Front National e l’invito al congresso del 2014
Nel 2014 Marine Le Pen tesse pubblicamente le lodi di Matteo Salvini, invitato al congresso del Front National a Lione: «Mi manda in estasi — dice —. Penso che sia un dirigente estremamente coraggioso, ha dato alla Lega Nord una dimensione nazionale che ora le permette di essere pienamente al centro della vita politica italiana. Salvini ha un’energia debordante e anche io, a volte, vado in estasi davanti alla sua forza della sua capacità di convincere e alla bravura nel lavoro. Lui primo ministro in futuro? Perché no?».

sabato 17 marzo 2018
Comanda Salvini, il dopo Berlusconi è già iniziato
https://www.democratica.com/focus/salvini-berlusconi-di-maio-governo-vertice/

La chimera di un partito unico a guida leghista diventa una prospettiva non così lontana
La chimera di un partito unico a guida leghista diventa una prospettiva non così lontana
Il peggiore incubo di Silvio Berlusconi sembra si sia avverato: cedere lo scettro di re del centrodestra a Matteo Salvini. Non è solo una questione di numeri e percentuali prese alle ultime elezioni (quella è stata solo l’incoronazione) ma una vera e propria egemonia culturale che sta contagiando tutto il mondo destrorso. E così da alleati di pari peso, ora il Cavaliere e la Meloni sono diventati dei semplici gregari. I racconti del primo summit post elezioni descrivono un clima fintamente cordiale a Palazzo Grazioli, in cui a farla da padrone sono il tatticismo e le strategie.
Ci si scruta, si cerca di sondare i pensieri degli altri e si cerca di fare la prima mossa. Per cercare di contenere il vincitore, per esempio, sembra che Giorgia Meloni abbia proposto a Salvini la presidenza del Senato. Una proposta che il leader del Carroccio non ha neanche preso in considerazione. Salvini vuole fare il premier e vuole l’appoggio di tutto il centrodestra. Per questo ha preteso e ottenuto il mandato per trattare sulle presidenze delle camere, primo scoglio parlamentare. Escluso il Pd (con cui non è possibile trovare intese), l’interlocutore principale sembrano essere tornati i Cinquestelle, su cui nessuno ha posto veti.
Ma quello che ha infastidito Berlusconi sono i rumors di un “annusamento” fra Lega e M5s. Secondo alcune voci, i contatti fra il super-mediatore Giancarlo Giorgetti e Luigi Di Maio sarebbero in corso: sul piatto, non tanto la questione delle presidenze delle Camere ma un menù molto più sostanzioso: il governo. D’altra parte sia Salvini che il capo di Cinque stelle hanno detto chiaramente di non volere un governo “di tutti”.
Da parte sua Salvini non ha fretta: è disposto, se non dovesse riuscire subito nel suo scopo di guidare il popolo del centrodestra al governo, a saltare un turno e rimanere all’opposizione.
Dal primo vertice di palazzo Grazioli, già location degli anni ruggenti della Casa delle Libertà, emerge dunque che il dopo Berlusconi è già iniziato e la chimera di un partito unico a guida leghista diventa una prospettiva non così lontana.
venerdì 16 marzo 2018
giovedì 15 marzo 2018
mercoledì 14 marzo 2018
domenica 11 marzo 2018
sabato 10 marzo 2018
mercoledì 7 marzo 2018
martedì 6 marzo 2018
Berlusconi a Salvini: «Complimenti Matteo Ora allarga l'alleanza»
http://www.ilgiornale.it/news/politica/berlusconi-salvini-complimenti-matteo-ora-allarga-lalleanza-1501470.html#/senato/tempo-reale/1
Il Cavaliere deluso per il sorpasso della Lega L'incontro con il leader leghista ad Arcore
«Il mandato di governo spetta al centrodestra». Silvio Berlusconi, con una nota redatta dopo un incontro ad Arcore con Matteo Salvini, spazza via nubi e incognite, rivendica il diritto-dovere di governare, fa capire che i patti verranno mantenuti e non ci saranno contraccolpi in conseguenza dello storico sorpasso leghista dentro il centrodestra.
Il faccia a faccia tra i due leader avviene dopo un primo contatto telefonico in cui il presidente di Forza Italia e il segretario del Carroccio iniziano a confrontarsi sul risultato, senza soffermarsi sul tema della leadership o della premiership. Il summit si svolge poi in un clima sereno con Berlusconi che si complimenta con l'alleato (che poi si dirigerà verso Roma) per il risultato della Lega, andato oltre ogni aspettativa, e per la campagna elettorale messa in campo dal Carroccio. Salvini evita qualsiasi fuga in avanti, si comporta in modo assolutamente rispettoso usando sempre il «noi» e giocando convintamente di squadra, cementando dunque la coalizione nel rispetto del responso elettorale.
Il Cavaliere deluso per il sorpasso della Lega L'incontro con il leader leghista ad Arcore
«Il mandato di governo spetta al centrodestra». Silvio Berlusconi, con una nota redatta dopo un incontro ad Arcore con Matteo Salvini, spazza via nubi e incognite, rivendica il diritto-dovere di governare, fa capire che i patti verranno mantenuti e non ci saranno contraccolpi in conseguenza dello storico sorpasso leghista dentro il centrodestra.
Il faccia a faccia tra i due leader avviene dopo un primo contatto telefonico in cui il presidente di Forza Italia e il segretario del Carroccio iniziano a confrontarsi sul risultato, senza soffermarsi sul tema della leadership o della premiership. Il summit si svolge poi in un clima sereno con Berlusconi che si complimenta con l'alleato (che poi si dirigerà verso Roma) per il risultato della Lega, andato oltre ogni aspettativa, e per la campagna elettorale messa in campo dal Carroccio. Salvini evita qualsiasi fuga in avanti, si comporta in modo assolutamente rispettoso usando sempre il «noi» e giocando convintamente di squadra, cementando dunque la coalizione nel rispetto del responso elettorale.
È, dunque, il messaggio di unità che prevale e viene trasmesso all'esterno nonostante le Cassandre che prevedevano lo sfaldamento della coalizione un attimo dopo la fine dello spoglio. Al contrario la coalizione deve essere rafforzata così da poter essere attrattiva nella delicata fase di formazione di una maggioranza che possa sostenere un governo con ogni probabilità a guida Salvini (senza escludere altre soluzioni condivise). Non dimenticando, comunque, l'orgogliosa rivendicazione del risultato ottenuto da Forza Italia, «determinante per il centrodestra». E la rassicurazione di Berlusconi che fa sapere che lui «resterà in campo» e anzi oggi riceverà i big del partito per un primo confronto post-voto.
«Il centrodestra è il vincitore politico di queste elezioni. I dati confermano che - dopo cinque anni di opposizione - rappresenta la prima area politica del Paese» si legge in una nota. «I contenuti del centrodestra, dal taglio alla pressione fiscale a una diversa politica sull'immigrazione, sono stati apprezzati dagli italiani. L'apporto numerico e politico di Forza Italia è stato evidentemente determinante per questa affermazione nonostante il grande svantaggio causato dall'incandidabilità del suo leader Silvio Berlusconi». Poi sull'incontro con Salvini viene fatto sapere che Berlusconi «nel complimentarsi con lui ha confermato che con questo risultato le forze del centrodestra potranno rafforzare la coalizione che dovrà ottenere il mandato di governare l'Italia per far ripartire il nostro Paese».
«Forza Italia ha raccolto un consenso importante del quale siamo grati agli elettori che ancora una volta hanno confermato al movimento la loro fiducia». Berlusconi, poi, presenta a Salvini anche i figli Marina e Pier Silvio presenti ad Arcore all'arrivo del leader del Carroccio. «Caro Matteo, ti presento la mia famiglia». Proprio in famiglia era avvenuta la prima analisi dei risultati elettorali. Il leader di Forza Italia si era soffermato sull'esito del voto nel consueto pranzo del lunedì ad Arcore insieme a familiari e storici collaboratori. Presenti i figli, a cominciare da Marina (presidente di Fininvest e di Mondadori) e Pier Silvio (vicepresidente e amministratore delegato di Mediaset), il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e Adriano Galliani, che si appresta a entrare per la prima volta in Senato essendo stato eletto nel collegio Lombardia 3. Alla riunione ha preso parte anche l'amministratore delegato di Fininvest, la holding di famiglia, Danilo Pellegrino.
Politicamente a questo punto tutto resta aperto. E se la porta del dialogo con il Movimento 5 Stelle resta serrata, come confermato anche da Salvini, qualche spiraglio per sondare gli umori o avviare un difficile dialogo con il Pd potrebbe aprirsi nelle prossime ore.
Perché Salvini ha voluto ringraziare Facebook e il popolo della rete
https://www.agi.it/blog-italia/riccardo-luna/perch_salvini_ha_voluto_ringraziare_facebook_e_il_popolo_della_rete-3589961/post/2018-03-05/
Sono numeri enormi che anche le reti tv faticano a registrare. Quando sono andato a controllare i precedenti di questo risultato ho scoperto che non si trattava del record della campagna elettorale: il record infatti è per il comizio di Milano del 24 febbraio di Matteo Salvini, seguito sui social da un milione e settecentomila persone. Insomma, mentre i giornali, con rare esclusioni, li additavano come populisti, Salvini e Di Maio usavano i social per parlare direttamente con il popolo.
Un po’ come ha fatto Trump alle ultime elezioni americane che infatti hanno segnato la prima epica sconfitta del sistema dei giornali, tutti schierati contro quello che poi avrebbe vinto le elezioni anche grazie ad un utilizzo massiccio dei social (di Twitter in particolare).
Dire che M5s e Lega hanno vinto le elezioni grazie alla rete sarebbe una analisi semplicistica e riduttiva: Di Maio e Salvini sono stati onnipresenti anche su radio e tv oltre che sul territorio. Ma è indubbio che i social siano se non uno strumento quantomeno il termometro del loro successo, dalla capacità di intercettare l’attenzione delle persone.
E se per i M5s questo è in qualche modo naturale, trattandosi di un partito nato da un blog e da una serie di circoli territoriali organizzati tramite una app (i famosi meetup); la Lega social è la vera novità. Non a caso Matteo Salvini nella prima conferenza stampa dopo il trionfo, ha ripetuto più volte “Grazie popolo della rete, grazie Facebook”, un modo di mettere in luce un suo punto di forza: la pagina Facebook del leader leghista ha oltre due milioni di seguaci, nessuno in Italia è come lui, e in Europa ha appena raggiunto il presidente francese Macron e insegue solo Angela Merkel. (qui per un confronto le pagine di Renzi, un milione e 100 mila, e Di Maio, un milione e 400 mila).
Ma quella frase era anche un modo per mettere alla berlina i giornalisti, per avvertirli - alla Trump - che si può in qualche modo fare a meno di noi. Sicuramente il giornalismo ha delle colpe tutte le volte che non usciamo dalle redazioni e proviamo a spiegare il mondo raccontando solo i quartieri borghesi delle grandi città. Ma in America il giornalismo è rinato proprio grazie al successo di Trump. La dialettica fra potere e stampa è la base di una democrazia che funzioni, anche al tempo di Internet.
Dopo il trionfo elettorale il leader leghista fa come Trump e avverte i giornalisti di aver vinto anche grazie ai social: la sua pagina non ha rivali in Italia e in Europa ha appena raggiunto quella di Macron e insegue solo la Merkel. Ma dire che lui e Di Maio hanno vinto solo per Internet è esagerato
Per capire come sarebbero andate a finire queste elezioni politiche invece dei sondaggi bastava seguire con attenzione cosa accadeva su Facebook. Quando giovedì scorso il leader del movimento cinquestelle Luigi Di Maio ha presentato i diciassette candidati ministri, su Facebook la diretta è stata seguita da oltre un milione e mezzo di persone.
Sono numeri enormi che anche le reti tv faticano a registrare. Quando sono andato a controllare i precedenti di questo risultato ho scoperto che non si trattava del record della campagna elettorale: il record infatti è per il comizio di Milano del 24 febbraio di Matteo Salvini, seguito sui social da un milione e settecentomila persone. Insomma, mentre i giornali, con rare esclusioni, li additavano come populisti, Salvini e Di Maio usavano i social per parlare direttamente con il popolo.Un po’ come ha fatto Trump alle ultime elezioni americane che infatti hanno segnato la prima epica sconfitta del sistema dei giornali, tutti schierati contro quello che poi avrebbe vinto le elezioni anche grazie ad un utilizzo massiccio dei social (di Twitter in particolare).
Dire che M5s e Lega hanno vinto le elezioni grazie alla rete sarebbe una analisi semplicistica e riduttiva: Di Maio e Salvini sono stati onnipresenti anche su radio e tv oltre che sul territorio. Ma è indubbio che i social siano se non uno strumento quantomeno il termometro del loro successo, dalla capacità di intercettare l’attenzione delle persone.
E se per i M5s questo è in qualche modo naturale, trattandosi di un partito nato da un blog e da una serie di circoli territoriali organizzati tramite una app (i famosi meetup); la Lega social è la vera novità. Non a caso Matteo Salvini nella prima conferenza stampa dopo il trionfo, ha ripetuto più volte “Grazie popolo della rete, grazie Facebook”, un modo di mettere in luce un suo punto di forza: la pagina Facebook del leader leghista ha oltre due milioni di seguaci, nessuno in Italia è come lui, e in Europa ha appena raggiunto il presidente francese Macron e insegue solo Angela Merkel. (qui per un confronto le pagine di Renzi, un milione e 100 mila, e Di Maio, un milione e 400 mila).
Ma quella frase era anche un modo per mettere alla berlina i giornalisti, per avvertirli - alla Trump - che si può in qualche modo fare a meno di noi. Sicuramente il giornalismo ha delle colpe tutte le volte che non usciamo dalle redazioni e proviamo a spiegare il mondo raccontando solo i quartieri borghesi delle grandi città. Ma in America il giornalismo è rinato proprio grazie al successo di Trump. La dialettica fra potere e stampa è la base di una democrazia che funzioni, anche al tempo di Internet.
lunedì 5 marzo 2018
domenica 4 marzo 2018
sabato 3 marzo 2018
venerdì 2 marzo 2018
giovedì 1 marzo 2018
Silvio Berlusconi, golpe 2011 e golpe 2018: "I report delle banche, ecco chi governerà in Italia"
Dopo il golpe 2011, il golpe 2018. Dietro ci sono sempre loro: i grandi protagonisti della finanza europea e internazionale. Allora la vittima fu Silvio Berlusconi, crollato sotto il peso dei complotti interni ("Dietro Fini c'era Napolitano, me lo disse Gianfranco", ha ricordato l'ex Pdl Laboccetta) e della tempesta perfetta dello spread. Il 4 marzo a rimetterci potrebbe essere ancora il centrodestra e, soprattutto, i movimenti più anti-sistema come Lega Nord e Movimento 5 Stelle.
Come sottolinea un retroscena del Giornale, le grandi banche e i poteri finanziari tutto accettano tranne l'instabilità politica e le derive considerate "populiste". Primo segnale: lo spread Btp-Bund è salito martedì a quota 157 punti base (il rapporto tra il titolo decennale tedesco e quello portoghese, per intendersi, è solo a 141). Il rischio di ingovernabilità, insomma, a Bruxelles e Francoforte è percepito come reale, e in crescita. Secondo JP Morgan se davvero vincessero i grillini lo spread schizzerebbe subito a 300. La stessa banca d'affari americana però dà come ipotesi più probabile (e preferita) quella di un governo di larghe intese (60%), con il centrodestra fermo al 10% di possibilità e il centrosinistra clamorosamente allo 0 per cento. Anche Ubs, scrive il Giornale, ha diramato un report analogo: le ipotesi migliori sarebbero "grosse koalition centrista", poi "governo tecnico" e infine "ritorno al voto", che avrebbe effetti negativi sui titoli finanziari. La tedesca Allianz si attende una vittoria elettorale di Berlusconi, che non governerà però con Salvini e Meloni ma con Matteo Renzi, "ridotto a junior partner", diremmo "socio di minoranza".
L'ipotesi della rete di sicurezza, un governo allargato "di unità nazionale", secondo le banche è la prima da prendere in considerazione, anche perché da questo mese la Bce ha rimpicciolito il suo ombrello protettivo riducendo gli acquisti mensili di titoli da 60 a 30 miliardi di euro. E a settembre potrebbe pure finire il Quantitative easing. E senza un governo che piace a chi comanda in Europa saranno dolori.



















