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Riunito a Palazzo Grazioli lo stato maggiore di Forza Italia: «La parola torni ai cittadini, noi siamo pronti»
«Se Matteo vuole rompere, dovrà farlo lui, noi Fino all'ultimo terremo unita la coalizione»
Riunito a Palazzo Grazioli lo stato maggiore di Forza Italia: «La parola torni ai cittadini, noi siamo pronti»
«Se Matteo vuole rompere, dovrà farlo lui, noi Fino all'ultimo terremo unita la coalizione»
Silvio Berlusconi è a palazzo Grazioli, con lo stato maggiore di Forza Italia. Vede crescere il fronte per le elezioni subito, il governo Cottarelli vacillare prima di nascere e il leader della Lega che si lamenta con Fi degli attacchi e sembra voler imporre la sua egemonia. Sembra che il centrodestra non abbia futuro, almeno nella vecchia formula. Agli azzurri, però, il leader raccomanda di «non offrire pretesti e non raccogliere le provocazioni, nessuno deve attribuire a noi lo strappo».
Con Gianni Letta, Niccolò Ghedini, i capigruppo Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, Renato Brunetta, la vicepresidente della Camera Mara Carfagna e il portavoce Giorgio Mulè, il Cavaliere esamina i tre scenari possibili. Il primo è andare al voto con il centrodestra, per governare, se Salvini non sceglie il M5S. Il secondo è correre da soli, se la Lega abbandona, con la prospettiva di accontentarsi forse di un 10% e di un dimezzamento dei parlamentari, sempre se non si riesce in questi pochi mesi a capitalizzare l'«effetto Silvio» e a far passare i messaggi giusti, nel momento in cui gli italiani capiranno dalle loro tasche, su mutui e prestiti, quanto costa l'incertezza. Il terzo è il cosiddetto Fronte repubblicano, un accordo con il Pd che viene subito scartato, perché le accuse di «inciucio» sarebbero troppo dannose.
Berlusconi punta sulla prima via e valuta quanto è rimasto dell'alleanza con il Carroccio, ma si tiene pronto per la seconda. È chiaro che Salvini tiene aperti due «forni», con il centrodestra e con il M5S, per vedere alla Fine quale gli conviene di più. Ma le ultime dichiarazioni del leader e di altri leghisti alimentano il forte sospetto che voglia smarcarsi da Fi e andare alle elezioni con una specie di accordo di desistenza con i 5Stelle. Per lo strappo Salvini potrebbe aspettare i ballottaggi del 24 giugno per le amministrative, in cui corre nella coalizione. Se si parla di urne il 29 luglio, le liste vanno depositate entro il 27 giugno e ci sarebbe giusto il tempo per il voltafaccia. D'altra parte, la sfida dei grillini al leghista «pavido» sull'impeachment di Mattarella, dimostra la fragilità dell'asse giallo-verde.
Così, il leader di Fi non cambia linea, convinto che al capo del Carroccio convenga tenere in piedi la coalizione. I suoi ripetono come un mantra che il primo errore è stato non dare l'incarico a Salvini, per tutto il centrodestra. Al direttivo a Montecitorio la presidente dei deputati Gelmini dà la linea: «Per Fi e per Berlusconi la stella polare resta il centrodestra unito. Alle prossime elezioni vogliamo presentarci con la stessa coalizione che il 4 marzo è risultata la più votata». E ribadisce: «La parola torni al più presto ai cittadini. Noi, con Berlusconi in campo e candidato, siamo pronti».
A Palazzo Grazioli il Cavaliere si mostra irritato anche per l'ultimatum di Salvini sulle regole da cambiare in Europa. «Nessuno mi può dare lezioni - dice-, sono stato io il primo da premier a impormi a Bruxelles, con tutte le conseguenze». Lo ricorda nell'infuocata seduta al Senato la capogruppo Bernini: «Fi è stata la prima a pagare sulla propria pelle i veti di una certa Europa. È stato Berlusconi il primo leader in Europa a denunciare l'errore dell'intervento in Libia e a dire che le sanzioni alla Russia erano inaudite».
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