https://www.investireoggi.it/economia/il-governo-di-lega-e-5-stelle-piace-allamerica-di-trump-cosa-fara-la-casa-bianca/
L’amministrazione Trump già all’inizio della settimana appena trascorsa comunicava di essere “impaziente di lavorare con il nuovo governo italiano”, ribadendo come Roma sia “tra i più stretti alleati dell’America”. E subito dopo la nascita del governo Conte, giovedì sera, dalla Casa Bianca arrivava il messaggio di auguri al nuovo premier, anche se la portavoce Sarah Sanders un paio di giorni prima ammetteva che Washington non avrebbe ancora per il momento una posizione sul rapporto tra Italia e UE. Anzi, sul tema si sono registrate divergenze di vedute tra il Tesoro americano e lo stesso presidente Donald Trump, politico populista per eccellenza e precursore della vittoria penta-leghista a marzo. Il primo ritiene che l’Italia debba essere sostenuta dagli USA, purché i suoi problemi si risolvano all’interno dell’Eurozona. Il secondo, invece, non ha tabù e crede che ciascuna nazione debba essere lasciata libera di scegliere dove stare. Non è un mistero che Trump ambisca a smantellare la UE, trattando con i singoli suoi stati e, in particolare, vorrebbe che l’euro sparisse per privare la Germania di una moneta debole per la sua economia, che le consente di esportare accumulando avanzi commerciali su avanzi. Con lui è schierato il segretario di Stato, Mike Pompeo, che parla di “nazioni sovrane” e che ha proprio origini italiane, come tradisce il cognome.
Il governo Conte è appena nato e il presidente americano Donald Trump segue con molta attenzione l'evoluzione politica italiana. Come si comporterà la Casa Bianca con il nuovo premier?
L’amministrazione Trump già all’inizio della settimana appena trascorsa comunicava di essere “impaziente di lavorare con il nuovo governo italiano”, ribadendo come Roma sia “tra i più stretti alleati dell’America”. E subito dopo la nascita del governo Conte, giovedì sera, dalla Casa Bianca arrivava il messaggio di auguri al nuovo premier, anche se la portavoce Sarah Sanders un paio di giorni prima ammetteva che Washington non avrebbe ancora per il momento una posizione sul rapporto tra Italia e UE. Anzi, sul tema si sono registrate divergenze di vedute tra il Tesoro americano e lo stesso presidente Donald Trump, politico populista per eccellenza e precursore della vittoria penta-leghista a marzo. Il primo ritiene che l’Italia debba essere sostenuta dagli USA, purché i suoi problemi si risolvano all’interno dell’Eurozona. Il secondo, invece, non ha tabù e crede che ciascuna nazione debba essere lasciata libera di scegliere dove stare. Non è un mistero che Trump ambisca a smantellare la UE, trattando con i singoli suoi stati e, in particolare, vorrebbe che l’euro sparisse per privare la Germania di una moneta debole per la sua economia, che le consente di esportare accumulando avanzi commerciali su avanzi. Con lui è schierato il segretario di Stato, Mike Pompeo, che parla di “nazioni sovrane” e che ha proprio origini italiane, come tradisce il cognome.
Nessuno più del presidente americano e di quello russo potrebbe essere più felice all’estero per il governo giallo-verde di Lega e Movimento 5 Stelle. Finalmente, qualcuno che romperà le uova nel paniere alle istituzioni comunitarie, per ragioni diverse detestate da USA e Russia. Ma come potrebbe sostenerci la Casa Bianca e a quale fine concreto? Bisogna attendere prima di capire quale linea prevarrà a Washington, se quella del sostegno a Roma, puntando alla permanenza dell’Italia nell’Eurozona, oppure se gli americani si giocheranno la carta della rottura dell’Eurozona ed eventualmente in quali termini. Il Tesoro è giustamente preoccupato delle ripercussioni anche sull’economia americana, che deriverebbero da un eventuale caos in Europa. Ad oggi, una recessione negli USA non sarebbe in vista, ma come qualsivoglia altra economia, anche l’America resta esposta ai fattori esterni, per loro natura non (sempre) prevedibili e manovrabili.
A Trump interessa che la Germania smetta di esportare in maniera compulsiva. Per questo, vorrebbe che la BCE cessasse gli stimoli monetari, alzasse i tassi e rafforzasse così il cambio euro-dollaro. Nulla di più sgradito all’Italia, che proprio sull’euro debole punta per tenere alte le proprie esportazioni e sperare di tornare a crescere. Qui, Casa Bianca e Palazzo Chigi non andranno d’accordo, a meno che tra i due non si trovi un accordo, anche solo implicito, per cui il governo Conte batte i pugni per strappare più concessioni sul piano fiscale a Bruxelles e nel frattempo mette in crisi proprio la sopravvivenza dell’Eurozona, provocando il ritorno alle monete nazionali e, quindi, una rivalutazione dell’euro-marco per la Germania. Ora, questo scenario assai ardito anche solo a pensarlo non risolverebbe affatto il problema del deficit commerciale americano verso le economie dell’attuale unione monetaria. Anche se l’euro sparisse, la Germania probabilmente esporterebbe di meno verso gli USA, avendo un marco più forte, ma l’Italia, ad esempio, esporterebbe di più con la lira debole. La somma potrebbe essere la stessa. E, però, l’America sventerebbe il pericolo, dal suo punto di vista, di assistere a una Germania che continua a ingrossarsi sul piano economico e politico, sottraendo spazi alla superpotenza mondiale.
Asse italo-americano rafforzato?
Se mai il governo giallo-verde si spingesse a prendere in considerazione lo scenario dell’uscita dall’euro, dovrebbe vedersi assicurato dall’America un piano per non sprofondare finanziariamente subito dopo, magari grazie a un “peg” bilateralmente fissato tra lira e dollaro a tassi di cambio più deboli per noi rispetto ai livelli attuali, ma senza che la nostra moneta precipitasse senza supporto, una volta avvenuta la rottura con l’Eurozona.
E se, invece, il governo Conte non si azzardasse a considerare un simile scenario, segnalando a Trump di volere tenere l’Italia nell’euro? Allora, il presidente americano potrebbe spingerci a contrastare la politica commerciale dei commissari, ovvero voluta da Berlino, spezzando l’unità ad oggi avutasi nella UE nel respingere la dottrina anti-cinese della Casa Bianca. I dazi su alluminio e acciaio da poco imposti dagli USA anche ai danni dell’Europa sono legati alla mancata volontà di Bruxelles di sostenere Trump in seno agli organismi internazionali contro le politiche di dumping della Cina. La Germania si sta integrando sempre più con l’economia asiatica e non può permettersi di perdere l’alleato prezioso di Pechino. Con un’Italia ben propensa a supportare le tesi trumpiane e una Francia di Emmanuel Macron, che verso i cinesi non nutre minore fastidio, Berlino verrebbe accerchiata.
In cambio, però, Matteo Salvini e Luigi Di Maio dovrebbero farsi passare dalla testa quel loro eccessivo sostegno al Cremlino, che la Casa Bianca non vede di buon occhio. Se è vero che Trump si è detto ammiratore di Vladimir Putin e che dal suo insediamento è costantemente inseguito dall’ombra del cosiddetto Russiagate, accusato dai rapporti dell’Fbi e dei servizi segreti di avere vinto le elezioni presidenziali nel 2016 anche grazie all’aiutino dei russi, è pur vero che non accetterebbe un’Italia alleata e che al contempo strizzi l’occhio a quello che pur sempre resta per gli USA un avversario nello scacchiere geopolitico internazionale. E sempre Trump potrebbe fare pressione sugli organismi internazionali, FMI in testa, affinché sostengano l’Italia nell’ottenimento di margini fiscali in sede europea. Dopo tutto, che un’economia avanzata come la nostra cresca costituisce un bene per l’America, divenendo un mercato di sbocco più appetibile. Resta da vedere se il ritrovato asse italo-americano punti a minacciare l’euro o meno. Nel primo caso, le turbolenze politiche con il resto dell’unione monetaria si farebbero enormi e servirà che l’ombrello a stelle e strisce sia ben robusto per ripararci dalla tempesta.
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