http://www.liberoquotidiano.it/sondaggi/sondaggi/13344462/savona-germania-oggi-replica-modello-nazista-siete-d-accordo.html
Per i media tedeschi è un "nemico della Germania" e un "radicale eurocritico". Per i detrattori di Salvini, una pedina nelle mani della Lega che "in fondo voleva che saltasse tutto". La maggior parte degli italiani non sa tutto di lui.
Il nome di Paolo Savona, 82 anni, si è trovato in pochi giorni al centro della crisi istituzionale che - a detta di molti esperti - rischia di mandare a gambe all'aria l'Italia. O meglio, la sua opinione sull'euro: da "grande opportunità", come la definì (con riserva) in un'intervista rilasciata a L'Unione Sarda a gabbia da cui fuggire il prima possibile. Una parabola.
Professore di economia, ex ministro del governo Ciampi ed ex presidente del Consiglio di amministrazione di molte e importanti banche e società italiane, il suo curriculum non era certo quello di un outsider: nato a Cagliari nel 1936, si è laureato in economia nel 1961 ed è sempre rimasto legato all'establishment politico ed economico, senza dimenticare il mondo accademico. Dopo un periodo alla Banca d'Italia, si è specializzato al Mit (Massachusetts Institute of Technology, Cambridge) nel sistema monetario internazionale e ha cominciato a insegnare Politica economica. Tra gli atenei, Cagliari, Tor Vergata e la Luiss di Roma, l'università di Confindustria che ha contribuito a fondare.
GLI INCARICHI E IL MOSE - È stato direttore generale della Confindustria, presidente del Credito industriale sardo, del colosso delle costruzioni Impregilo - nel periodo in cui l'azienda vinse l'appalto per il Ponte sullo Stretto -, e del Consorzio Venezia Nuova dal 25 febbraio 2001 al 3 giugno 2005, ossia negli anni in cui si discuteva se avviare il progetto del Mose, il costosissimo sistema di dighe mobili che avrebbe dovuto salvare Venezia dalle acque alte. L'opera fu definita da Savona stesso "indispensabile", e poi - quando abbandonò l'incarico - finì nello scandalo tangenti e sprechi. Dal quale uscì indenne.
Tra il 1993 e il 1994 - ecco gli incarichi politici che hanno fatto dire a Di Maio: "Con Ciampi andava bene e con noi no?" - è stato ministro dell'Industria, del commercio e dell'artigianato durante il governo tecnico Ciampi, il Virgilio (o Caronte, dipende dai punti di vista) che ha guidato il nostro Paese nella moneta unica.
Infine, tra il 2005 e 2006 è stato a capo del Dipartimento per le Politiche comunitarie della presidenza del Consiglio dei ministri e Coordinatore del Comitato Tecnico per la Strategia di Lisbona durante il governo Berlusconi.
L'EURO "UN'OCCASIONE (ANCHE) PER LA SARDEGNA" - Insomma, uno che l'Unione europea la conosce ("Ha imparato i trattati a memoria", ha detto Carlo Freccero). Ed è proprio studiandola che ha elaborato, da economista, un pensiero scettico sull'euro, quello che lo ha reso tanto sgradito al Colle.
Eppure il 30 dicembre 2001, con un fondo sulle pagine de L'Unione Sarda, tranquillizzava un'Italia che timidamente si avviava - con un misto di timore e speranza - ad abbandonare la lira, definendo l'euro una "nuova era da accogliere con serenità e favore" e un'occasione per la Sardegna di "voltare pagina partecipando agli accordi internazionali e facendo sentire la propria voce nei consessi europei".
"L’euro - scriveva in un editoriale dal titolo 'C'è la moneta, manca l'Europa' - ha certamente consentito un enorme risparmio in termini di interessi sul debito pubblico per il quasi immediato allineamento dei tassi dell’interesse italiani a quelli tedeschi. Certamente porterà risparmi di costo nei cambi con le 11 monete che hanno aderito all’Unione Monetaria Europea e piena confrontabilità nei prezzi sull’intero continente europeo".
"Qualche scetticismo - la precisazione già 18 anni fa che poi sarebbe stata alla base della sua critica -, se non proprio vera preoccupazione, desta invece l’assenza di un potere politico vero e proprio dietro la moneta europea. L’Europa non è un'area monetaria ottimale e, quindi, gli interventi sulle quantità di moneta o sui tassi dell’interesse non si ripercuotono nello stesso modo su tutti i paesi: quando si allargano i cordoni della borsa il denaro si dirige verso i più forti e quando si restringono i denari vengono sottratti ai più deboli.Tutto ciò richiederebbe la presenza di un potere direttamente eletto dal popolo capace di attivare politiche di compensazione in caso di danni causati per via monetaria".
L'EURO "UNA GABBIA TEDESCA" - "Scetticismi" che sono diventati veri e propri attacchi all'istituzione. "Dobbiamo fuggire dall'euro", disse in una controversa intervista rilasciata a L'Unione Sarda, a firma Giorgio Pisano, il 17 giugno 2012.
"L'Europa non funziona. Noi ci siamo legati mani e piedi. In assenza di un'unione politica, quella monetaria non può andare avanti".
Strali che spesso e volentieri si sono rivolti al Paese che, secondo lui, ha preso il controllo di Bruxelles: il più forte verso cui si dirige il denaro, dopo che i cordoni della borsa si sono allentati.
"Non esiste un'Europa", diceva Savona nel 2010, "ma una Germania circondata da pavidi".
E ancora, nel suo libro "Casa Italia": "Se si sapesse che l’Italia ha un piano B per uscire dall’euro, la Germania e gli altri paesi si troverebbero costretti a dover valutare gli effetti che essi pagherebbero in termini di valore del cambio e di chiusura del mercato italiano ai loro prodotti, e ci tratterebbero con minore aggressività".
"La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo", scrive nella sua autobiografia in uscita a breve, "Come un incubo e come un sogno".
Parole che sono bastate per contribuire a mettere in allarme gli investitori e far schizzare lo spread oltre 200: "Devo proteggere i risparmi degli italiani", ha detto Mattarella, irremovibile, motivando il suo no a Savona e richiamandosi alle sue prerogative costituzionali.
Oggi, Savona si dice vittima di "un grave torto dalla più alta istituzione del Paese", e continua a ribadire: "Non avrei mai messo in discussione l'euro, piuttosto chiesto di cambiarlo".
E si chiede: "Chi è più europeista?, quelli che stanno creando le condizioni per la fine dell’Ue o chi, come me, ne chiede la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissi?".
Paolo Savona: chi è l'economista "pomo della discordia"
Il nome di Paolo Savona, 82 anni, si è trovato in pochi giorni al centro della crisi istituzionale che - a detta di molti esperti - rischia di mandare a gambe all'aria l'Italia. O meglio, la sua opinione sull'euro: da "grande opportunità", come la definì (con riserva) in un'intervista rilasciata a L'Unione Sarda a gabbia da cui fuggire il prima possibile. Una parabola.
Professore di economia, ex ministro del governo Ciampi ed ex presidente del Consiglio di amministrazione di molte e importanti banche e società italiane, il suo curriculum non era certo quello di un outsider: nato a Cagliari nel 1936, si è laureato in economia nel 1961 ed è sempre rimasto legato all'establishment politico ed economico, senza dimenticare il mondo accademico. Dopo un periodo alla Banca d'Italia, si è specializzato al Mit (Massachusetts Institute of Technology, Cambridge) nel sistema monetario internazionale e ha cominciato a insegnare Politica economica. Tra gli atenei, Cagliari, Tor Vergata e la Luiss di Roma, l'università di Confindustria che ha contribuito a fondare.
GLI INCARICHI E IL MOSE - È stato direttore generale della Confindustria, presidente del Credito industriale sardo, del colosso delle costruzioni Impregilo - nel periodo in cui l'azienda vinse l'appalto per il Ponte sullo Stretto -, e del Consorzio Venezia Nuova dal 25 febbraio 2001 al 3 giugno 2005, ossia negli anni in cui si discuteva se avviare il progetto del Mose, il costosissimo sistema di dighe mobili che avrebbe dovuto salvare Venezia dalle acque alte. L'opera fu definita da Savona stesso "indispensabile", e poi - quando abbandonò l'incarico - finì nello scandalo tangenti e sprechi. Dal quale uscì indenne.
Tra il 1993 e il 1994 - ecco gli incarichi politici che hanno fatto dire a Di Maio: "Con Ciampi andava bene e con noi no?" - è stato ministro dell'Industria, del commercio e dell'artigianato durante il governo tecnico Ciampi, il Virgilio (o Caronte, dipende dai punti di vista) che ha guidato il nostro Paese nella moneta unica.
Infine, tra il 2005 e 2006 è stato a capo del Dipartimento per le Politiche comunitarie della presidenza del Consiglio dei ministri e Coordinatore del Comitato Tecnico per la Strategia di Lisbona durante il governo Berlusconi.
L'EURO "UN'OCCASIONE (ANCHE) PER LA SARDEGNA" - Insomma, uno che l'Unione europea la conosce ("Ha imparato i trattati a memoria", ha detto Carlo Freccero). Ed è proprio studiandola che ha elaborato, da economista, un pensiero scettico sull'euro, quello che lo ha reso tanto sgradito al Colle.
Eppure il 30 dicembre 2001, con un fondo sulle pagine de L'Unione Sarda, tranquillizzava un'Italia che timidamente si avviava - con un misto di timore e speranza - ad abbandonare la lira, definendo l'euro una "nuova era da accogliere con serenità e favore" e un'occasione per la Sardegna di "voltare pagina partecipando agli accordi internazionali e facendo sentire la propria voce nei consessi europei".
"L’euro - scriveva in un editoriale dal titolo 'C'è la moneta, manca l'Europa' - ha certamente consentito un enorme risparmio in termini di interessi sul debito pubblico per il quasi immediato allineamento dei tassi dell’interesse italiani a quelli tedeschi. Certamente porterà risparmi di costo nei cambi con le 11 monete che hanno aderito all’Unione Monetaria Europea e piena confrontabilità nei prezzi sull’intero continente europeo".
"Qualche scetticismo - la precisazione già 18 anni fa che poi sarebbe stata alla base della sua critica -, se non proprio vera preoccupazione, desta invece l’assenza di un potere politico vero e proprio dietro la moneta europea. L’Europa non è un'area monetaria ottimale e, quindi, gli interventi sulle quantità di moneta o sui tassi dell’interesse non si ripercuotono nello stesso modo su tutti i paesi: quando si allargano i cordoni della borsa il denaro si dirige verso i più forti e quando si restringono i denari vengono sottratti ai più deboli.Tutto ciò richiederebbe la presenza di un potere direttamente eletto dal popolo capace di attivare politiche di compensazione in caso di danni causati per via monetaria".
L'EURO "UNA GABBIA TEDESCA" - "Scetticismi" che sono diventati veri e propri attacchi all'istituzione. "Dobbiamo fuggire dall'euro", disse in una controversa intervista rilasciata a L'Unione Sarda, a firma Giorgio Pisano, il 17 giugno 2012.
"L'Europa non funziona. Noi ci siamo legati mani e piedi. In assenza di un'unione politica, quella monetaria non può andare avanti".
Strali che spesso e volentieri si sono rivolti al Paese che, secondo lui, ha preso il controllo di Bruxelles: il più forte verso cui si dirige il denaro, dopo che i cordoni della borsa si sono allentati.
"Non esiste un'Europa", diceva Savona nel 2010, "ma una Germania circondata da pavidi".
E ancora, nel suo libro "Casa Italia": "Se si sapesse che l’Italia ha un piano B per uscire dall’euro, la Germania e gli altri paesi si troverebbero costretti a dover valutare gli effetti che essi pagherebbero in termini di valore del cambio e di chiusura del mercato italiano ai loro prodotti, e ci tratterebbero con minore aggressività".
"La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo", scrive nella sua autobiografia in uscita a breve, "Come un incubo e come un sogno".
Parole che sono bastate per contribuire a mettere in allarme gli investitori e far schizzare lo spread oltre 200: "Devo proteggere i risparmi degli italiani", ha detto Mattarella, irremovibile, motivando il suo no a Savona e richiamandosi alle sue prerogative costituzionali.
Oggi, Savona si dice vittima di "un grave torto dalla più alta istituzione del Paese", e continua a ribadire: "Non avrei mai messo in discussione l'euro, piuttosto chiesto di cambiarlo".
E si chiede: "Chi è più europeista?, quelli che stanno creando le condizioni per la fine dell’Ue o chi, come me, ne chiede la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissi?".
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