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"Di Battista mi attacca? Invidia Di Maio, vuole far saltare tutto"
Roma, 14 aprile 2018 - "Salvini sembrava Dudù". Dire che Matteo Salvininon abbia preso bene le parole di Alessandro Di Battista è dire poco. Salvini ieri, racconta chi lo conosce bene, era furibondo: "Di Battista – avrebbe detto il leader della Lega – detesta Di Maio, lo invidia, o tutte e due. Di certo vuole far saltare l’accordo tra Di Maio e me. E il suo ‘consigliori’ è Travaglio, che proprio ieri mi ha attaccato sul suo giornale, insinuando di rapporti poco chiari tra me e Berlusconi, come se io fossi Bossi! Ma io non ci casco, in questa polemica, sto zitto, ‘tengo botta’". E, infatti, ieri non solo Salvini – che, per molto meno, replica a palle incatenate (vedi alla voce: Boldrini) – ma anche nessuno dei suoi ha detto una parola. Né contro Di Battista né, tantomeno, contro il Movimento.
La preoccupazione di Salvini è un’altra. Il leader del Carroccio sa bene che aleggia nei palazzi del Quirinale un’idea che Berlusconi accarezza da sempre, via Gianni Letta, e che anche il Pd non vede l’ora di cogliere per rimettersi in gioco. Un’idea che è il ‘male assoluto’, per Salvini, il ‘governissimo’. Quel ‘governo di tutti’ che può prendere tante forme e tanti nomi, ma che sottintende solo una solenne fregatura, per la Lega: "Con quel governo – ha spiegato Salvini ai suoi colonnelli – per noi è la morte, la fine. Perderemmo tutto il consenso acquisito finora, non riusciremmo più a inglobare Forza Italia nel partito unico del centrodestra e potremmo anche perderle, dopo un anno così, le prossime elezioni". "Se Di Maio lo capisce bene – è l’avvertimento recapitato – perché sarebbe anche la sua rovina, io comunque non ci sto e faccio saltare il tavolo, la Lega andrebbe all’opposizione".
Le dichiarazioni pubbliche del leader leghista sono tutte una conseguenza di questi assunti di base. Prima al Tg3 e poi al Tg1 dice, netto, che "noi appoggiamo un governo che rispetta quello che si è detto in campagna elettorale, un governo tutti insieme per tirare a campare o solo per fare la legge elettorale lo facciano senza la Lega".
Poi prova a rimettere insieme i cocci che si sono rotti prima con gli attacchi di Dibba ("sempre lui, e non è un caso", dicono nella Lega) a Berlusconi, poi con l’intemerata del Cavaliere contro i 5Stelle mentre doveva parlare solo lui, al Colle: un imprevisto che, a Salvini, ha fatto davvero saltare i nervi. "Ci sono due veti contrapposti di M5S e Forza Italia" – ha insistito il leader della Lega – Io chiedo a tutti di essere responsabili. Se continua così, se continuano a bisticciare, si stuferanno gli italiani, mi stuferò io e tra un mese si tornerà alle urne". Minaccia e avvertimento chiari.
L'attesa, ora, è per un faccia a faccia con Luigi Di Maio che si potrebbe realizzare domani a Verona, nell’innocua cornice di Vinitaly. L’alternativa, per Salvini, sarebbe una sola: "Se si trovano 50/60 parlamentari che firmano il nostro programma…". Sarebbe una via di mezzo tra il ‘governissimo’ e il governo del centrodestra in formazione compatta, un governo però traballante e suscettibile di andare a sbattere al primo voto. Salvini non lo guiderebbe mai, farebbe provare Giorgetti, l’unico leghista che può affrontare a tu per tu il suo Capo.
"Di Battista mi attacca? Invidia Di Maio, vuole far saltare tutto"
GIORGIA MELONI, MATTEO SALVINI E SILVIO BERLUSCONI (Imagoeconomica)
Roma, 14 aprile 2018 - "Salvini sembrava Dudù". Dire che Matteo Salvininon abbia preso bene le parole di Alessandro Di Battista è dire poco. Salvini ieri, racconta chi lo conosce bene, era furibondo: "Di Battista – avrebbe detto il leader della Lega – detesta Di Maio, lo invidia, o tutte e due. Di certo vuole far saltare l’accordo tra Di Maio e me. E il suo ‘consigliori’ è Travaglio, che proprio ieri mi ha attaccato sul suo giornale, insinuando di rapporti poco chiari tra me e Berlusconi, come se io fossi Bossi! Ma io non ci casco, in questa polemica, sto zitto, ‘tengo botta’". E, infatti, ieri non solo Salvini – che, per molto meno, replica a palle incatenate (vedi alla voce: Boldrini) – ma anche nessuno dei suoi ha detto una parola. Né contro Di Battista né, tantomeno, contro il Movimento.
La preoccupazione di Salvini è un’altra. Il leader del Carroccio sa bene che aleggia nei palazzi del Quirinale un’idea che Berlusconi accarezza da sempre, via Gianni Letta, e che anche il Pd non vede l’ora di cogliere per rimettersi in gioco. Un’idea che è il ‘male assoluto’, per Salvini, il ‘governissimo’. Quel ‘governo di tutti’ che può prendere tante forme e tanti nomi, ma che sottintende solo una solenne fregatura, per la Lega: "Con quel governo – ha spiegato Salvini ai suoi colonnelli – per noi è la morte, la fine. Perderemmo tutto il consenso acquisito finora, non riusciremmo più a inglobare Forza Italia nel partito unico del centrodestra e potremmo anche perderle, dopo un anno così, le prossime elezioni". "Se Di Maio lo capisce bene – è l’avvertimento recapitato – perché sarebbe anche la sua rovina, io comunque non ci sto e faccio saltare il tavolo, la Lega andrebbe all’opposizione".
Le dichiarazioni pubbliche del leader leghista sono tutte una conseguenza di questi assunti di base. Prima al Tg3 e poi al Tg1 dice, netto, che "noi appoggiamo un governo che rispetta quello che si è detto in campagna elettorale, un governo tutti insieme per tirare a campare o solo per fare la legge elettorale lo facciano senza la Lega".
Poi prova a rimettere insieme i cocci che si sono rotti prima con gli attacchi di Dibba ("sempre lui, e non è un caso", dicono nella Lega) a Berlusconi, poi con l’intemerata del Cavaliere contro i 5Stelle mentre doveva parlare solo lui, al Colle: un imprevisto che, a Salvini, ha fatto davvero saltare i nervi. "Ci sono due veti contrapposti di M5S e Forza Italia" – ha insistito il leader della Lega – Io chiedo a tutti di essere responsabili. Se continua così, se continuano a bisticciare, si stuferanno gli italiani, mi stuferò io e tra un mese si tornerà alle urne". Minaccia e avvertimento chiari.
L'attesa, ora, è per un faccia a faccia con Luigi Di Maio che si potrebbe realizzare domani a Verona, nell’innocua cornice di Vinitaly. L’alternativa, per Salvini, sarebbe una sola: "Se si trovano 50/60 parlamentari che firmano il nostro programma…". Sarebbe una via di mezzo tra il ‘governissimo’ e il governo del centrodestra in formazione compatta, un governo però traballante e suscettibile di andare a sbattere al primo voto. Salvini non lo guiderebbe mai, farebbe provare Giorgetti, l’unico leghista che può affrontare a tu per tu il suo Capo.
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