L’anice è una pianta aromatica originaria del Medio Oriente, usata sin dall’antichità in cucina, pasticceria e liquoreria. La “Pimpinella anisum”, arrivò presto sia in Grecia che a Roma.
Oggi questa ombrellifera è talmente diffusa in Italia da essere considerata spontanea. Raccolta in agosto-settembre, nelle prime ore del mattino quando la rugiada impedisce ai frutti di cadere, viene fatta essiccare per ottenere dei piccoli acheni intensamente profumati, comunemente detti semi, che contengono una sostanza oleosa, l’anetolo.
I romani la usavano per insaporire piatti a base di pollo, maiale, verdure, e la inserivano fra gli ingredienti di un dolce rituale fortemente speziato, probabile antenato della torta nuziale. Discoride (I sec. d.C.) ricorda che i Latini attribuivano all’anice anche qualità medicinali, tra le quali quella di combattere l’impotenza, di stimolare il coito, di risvegliare Venere. Il termine “anisum” viene fatto risalire a termini greci che significano “eccitare” o “avvampare”.Dal Medioevo le proprietà toniche della pianta trovarono largo impiego presso coloro che volevano favorire la digestione dopo i sontuosi banchetti.
Nel 1543 Fuchs scriveva nel suo Novo Erbario:
“Il seme di anice rende l’alito lieve e profumato. Utile come dissetante, impedisce il gonfiore di stomaco. Fa produrre più latte alle donne, e stimola il desiderio concupiscente. Questo seme fa del cibo un piacere…”.
Una credenza popolare diceva che se si voleva regalare ad una donna un momento amoroso inebriante, si doveva ridurre l’anice in polvere, emulsionarlo nel miele, per poi applicarne l’unguento sulla pelle dei due amanti. Con i semi di questa pianta e quelli di giaggiolo venivano addirittura preparati sacchetti odorosi destinati a profumare le persone e le camere da letto.
Durante l’Ottocento l’anice si affermò come ingrediente principale sia di una bevanda popolare fatta con acqua ghiacciata, sia dell'assenzio, liquore tanto caro ad artisti ed intellettuali.
Esistono anche altre due varietà con lo stesso principio, una è la “Illicium verum” (anice stellato), introdotta in Europa attorno al '600.
E’ la regina di tutte le spezie, per la sua inconfondibile forma di stella a otto punte e per il suo intenso sapore di liquirizia e anice, pur non essendo imparentata con nessuna di queste due specie botaniche; l’albero dell’Illicium verum appartiene infatti alla famiglia della Magnolia e cresce spontaneo in Cina, Vietnam, India del sud e Filippine.
I suo fiori, di un bel colore giallo, generano tanti frutti dai semi aromatici che quando appassiscono diventano coriacei ed emanano un intenso aroma di anice, a causa dell’elevata quantità di olio essenziale (anetolo) contenuta. Utilizzata fin dall’antichità nella medicina tradizionale cinese per le sue proprietà stimolanti e diuretiche, sotto forma d’infuso o decotto, come cura per il mal di gola; il suo uso è indicato come stimolante dell’appetito, per combattere la flatulenza ed il senso di nausea, in Oriente rappresenta dunque un farmaco prima ancora che un ingrediente per la cucina o un raffinato complemento aromatico e decorativo per la praparazione del pot-pourri, insieme a scorze di agrumi, foglie essicate di fiori e cortecce profumate.
Con la sua scorza macinata si preparano le bacchette d’incenso che vengono accese nei templi in Cina e soprattutto in Giappone, poiché la pianta è considerata sacra. L’anice stellato venne introdotto in Europa dalla Cina intorno al XVII, da allora la spezia viene utilizzata intera, triturata grossolanamente in frammenti o ridotta in polvere. A causa dell’elevata volatilità del suo olio essenziale conviene comperarla intera, conservarla in piccoli contenitori a chiusura ermetica ed evitare di acquistarla già macinata poiché nel giro di poche settimane le sue fragranze andrebbero irrimediabilmente disperse nell’aria. Il suo uso in Occidente è spesso limitato al consumo sotto forma di miscela, nel mix delle 5 spezie (Wu xiang fen), dove viene triturata in parti uguali insieme a cannella, chiodi di garofano, finocchio e pepe di Sichuan, anche se in Cina alla formula classica possono essere aggiunte occasionalmente: zenzero, galanga, cardamomo nero.
Ingrediente fondamentale della miscela delle 5 Spezie cinesi, viene aggiunta in moltissimi piatti della tradizione cinese: indisponsabile nelle laccature delle carni di maiale e anatra, come aroma dei raffinati dim sum cantonesi, nelle zuppe e nelle salse a base di soia e miso. Aromatizza insieme allo shoyu, zucchero e aceto di riso le raffinatissime uova sode marmorizzate di gallina, anitra e quaglia, della tradizione imperiale, i vietnamiti la aggiungono a piccole dosi nella loro zuppa nazionale di manzo e noodles , il pho. In India è molto apprezzata nelle miscele di curry del Kerala, per la cucina di mare, o nelle insalate di frutta tropicale.
In Europa è stata utilizzata fin dal principio per la preparazione di sciroppi, cordiali, sorbetti e conserve ma soprattutto nell’aromatizzazione di liquori come il pastis franco-provenzale, e in alcuni casi nella pasticceria come valida alternativa ai semi d’anice, o nelle composte di frutta secca sciroppata di fichi e pere, nel vicino Oriente.
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